L’SDGs numero 13 sulla Climate Action è l’unico con una deadline temporale e questo lo rende urgente.
Dal 2015, le Nazioni Unite hanno classificato gli obiettivi di sviluppo sostenibile in 17 punti, i cosiddetti SDGs (Sustainable Development Goals).
Tra questi il contrasto alla povertà, alla fame nel mondo, la riduzione delle diseguaglianze, ecc.
L’obiettivo di “Climate Action” è il numero 13.
I 17 obiettivi non sono stati elencati in base alla loro priorità e molti di loro sono interdipendenti.
Allora chi stabilisce da dove cominciare?
Sono state condotte numerose indagini per stabilire con quale logica un Governo dovrebbe allocare le risorse disponibili per il perseguimento dei 17 obiettivi, ma ogni tentativo di prioritizzazione presentava serie controindicazioni etiche.
Tuttavia, l’obiettivo 13 ha una peculiarità unica: presenta un parametro di urgenza, un vincolo temporale nella sua stessa definizione, ovvero "contenere l’innalzamento delle temperature medie entro 1,5°", ovvero "ridurre oltre il 90% le emissioni globali di CO2e entro il 2050”.
L’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ci spiega che non raggiungere l’obiettivo di contenimento delle temperature entro 1.5° innescherebbe una serie di fenomeni a catena irreversibili che renderebbero ancora più difficili, se non irraggiungibili, gli altri obiettivi di sostenibilità.
La fisica, dunque, ci impone un obiettivo che, al presente stadio di sviluppo della nostra civiltà, ha una magnitudo senza precedenti nella storia dell’uomo.
In meno di 30 anni dobbiamo generare una rivoluzione di tale portata, al confronto della quale la rivoluzione industriale del ‘700 (durata convenzionalmente 80 anni, 1760-1840) sembra un gioco da ragazzi.
L’obiettivo 13, dunque, introduce un tema di scarsità, un limite di emissioni clima-alteranti che possiamo permetterci di produrre e che riusciamo a quantificare in circa 30 giga tons di CO2e in meno emesse all’anno, rispetto ad oggi.
Si stima che questo risultato sarà conseguito investendo non meno di 90 trilioni di dollari in tecnologie low-carbon da qui al 2050 e si stima anche che il mancato perseguimento comporterebbe investimenti molto maggiori per l’adattamento ad un mondo più inospitale.
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